Una della maggiori dispute sulla fotografia moderna si svolge intorno alla variegata gamma di significati legati alla sua stessa definizione. Per alcuni rappresenta una forma d’arte, per altri semplicemente un procedimento fisico legato alla intercettazione dei fotoni. In particolare, nella foto scientifica, quindi nell’astrofotografia, il concetto di arte trova ben poco spazio a vantaggio di chi la riduce a semplice procedimento ricettivo di fotoni. Ma noi riteniamo che questa visione pragmatica sia troppo riduttiva e semplicistica, pertanto, così come esiste un’affinità tra il concetto di “vero” nella scienza ed il realismo nella fotografia, cercheremo di dimostrare che esiste anche un legame culturale tra i paesaggi di Ansel Adams, la donna di Helmut Newton e le nebulose, o i pianeti ripresi con i telescopi.
Vediamo ora di approfondire entrambi i punti di vista.
A sostegno della tesi che interpreta l’astrofotografia come espressione scientifica dobbiamo rimodulare la definizione di arte e declinarne i significati tra le leggi fisiche.
L'arte, nella comune accezione, è la capacità di esprimere un'emozione al di là dei principi della natura, le così dette "leggi" fisiche, ma, d'altra parte, si può facilmente dimostrare che non esiste nulla al di là di tali leggi. Quindi potremmo provocatoriamente affermare che l'astrofotografia non è espressione di arte per il semplice motivo che l'arte non esiste.
Prendiamo, per esempio, il pensiero umano, che dell'arte dovrebbe essere il motore. Il pensiero altro non è che non un segnale elettrico di 70 mV (millivolt) che si propaga come una depolarizzazione attraverso la membrana cellulare da una cellula nervosa alla successiva (con l'intermediazione di un neurotrasmettitore nelle giunzioni cellulari) nella parte più superficiale, corteccia, dell'encefalo dei mammiferi e nella fattispecie dell'uomo.
Come è evidente, il pensiero, e quindi ciò che chiamiamo "arte", può essere ridotto a leggi fisiche e non prescinde da esse.
L'interpretazione, arma vincente dei critici d'arte, è una discussione sul senso del "gusto" e sui sentimenti percepiti. Interpretare significa spiegare perché un quadro o una foto ci appagano, ossia ci fanno liberare quelle molecole, tipo endorfine, che ci danno un senso di benessere quando lo guardiamo. Ancora una volta una spiegazione di tipo biofisico.
Talvolta vi è pure qualche dubbio sul fatto che una foto sia la rappresentazione della realtà. Nella foto astronomica, la foto di una galassia non rappresenta certamente l'oggetto com'è nell'istante dello scatto, elemento che non ci è consentito conoscere. E’ esattamente ciò che ci illudiamo di sapere come era nell'istante in cui i suoi fotoni si sono staccati da lei per intraprendere il lungo viaggio verso di noi. Mentre la foto è nelle nostre mani, la galassia di certo si è trasformata in qualcos'altro.
Altre volte quello che chiamiamo "realtà", semplicemente non esiste o perlomeno non è ciò che si intende comunemente. Prendiamo, per esempio, la foto di una qualsiasi particella subatomica scattata da un qualsivoglia rivelatore del CERN o del Fermilab. L'immagine mostrerà una linea interpretata come il passaggio della particella. La facile, ma errata, deduzione è che la particella come entità fisica sia passata di lì: è "materiale", quasi la possiamo afferrare. Ebbene, questa non è la verità o perlomeno è solo parte di essa. È infatti noto che le particelle elementari sono descritte da una funzione matematica (psi) che esprime la probabilità di trovare la particella in un certo punto, in un certo stato.
La stessa "fuggevolezza" si ha per i percorsi delle particelle a causa del principio di indeterminazione: se conoscessimo con sufficiente precisione la velocità di una particella, non sapremmo nulla della sua posizione e viceversa. In conclusione una particella può percorrere una serie infinita di cammini possibili. E lo fa, almeno fin quando non viene misurata. Ecco la traccia sulla foto! Infatti, l'atto fisico della misura fa decidere alla particella che strada prendere. Quindi non è lecito parlare di rappresentazione della realtà e del realismo di una immagine, visto che per una particella le realtà possibili sono infinite tanto quanto sono infiniti gli stati possibili della funzione d'onda ψ.
Ne consegue che l’astrofotografia non è la rappresentazione di una realtà, ma solo di probabili eventi reali. A questo punto si potrebbe concludere che non possa neanche costituire una forma d’arte.
A sostegno della tesi inversa, per cui l’astrofotografia è espressione di arte, prendiamo in considerazione il concetto di vero nelle osservazioni scientifiche ed il vero nella fotografia realista. Per questo riteniamo fondamentale fare un excursus sulla storia della fotografia applicata alla scienza.
Il telescopio ed il microscopio sono due strumenti ottici che hanno permesso all’uomo di affacciarsi su mondi nuovi dove la fotografia ha trovato spazio come “matita della natura”, capace di fissare su un supporto le osservazioni.
La fotografia, già dalla sua nascita nel secondo decennio del ‘800, fu accolta con entusiasmo in ambito scientifico, ma soprattutto in quello astronomico, benché avesse evidenziato problemi legati alla rappresentazione della realtà ed alla fedeltà della trascrizione oggettiva. Gli scienziati che utilizzavano la fotografia nelle loro osservazioni consideravano l’immagine ottenuta tramite le lenti al pari di una descrizione matematica. Per questo motivo applicavano la tecnica fotografica con l’intento di riprodurre la realtà, ma per trasformare un’osservazione scientifica in una immagine fisica era necessario “costruirla” e “rivelarla”. Ne consegue che le immagini dovevano essere manipolate, ma i procedimenti, come nell’arte pittorica, creavano solo analogie e somiglianze tra l’immagine ottenuta e la realtà.
Ancora oggi, talvolta, ci meravigliamo quando si discute sul concetto di realtà nella fotografia. Non tutti, infatti, hanno chiaro che nessuna fotografia riprodotta sia realtà; nessuna stampa tratta da file, negativo o diapositiva, e nessuna immagine che vediamo nei video è realtà. Il pittore Magritte scrisse “Questa non è una pipa” sotto una pipa dipinta molto realisticamente e noi allo stesso modo potremmo scrivere “Questa non è la Luna” sotto la foto della Luna ripresa nella maniera più semplice e realistica possibile (Tratto da una riflessione di Carlo Delli e Marco Meniero).