Questo scritto è tratto da uno studio personale del 1998 effettuato per l'esame di Economia dello Sviluppo presso la Facolta di Scienze Statistiche ed Economiche-Sapienza, Roma. Sono stati usati dati forniti dalla Commissione Inquinamento Luminoso-UAI.
L’inquinamento luminoso consiste nella rottura dell’equilibrio naturale giorno/notte o luce/buio dovuta ad un’inadeguata illuminazione, in altre parole nell’emissione sovrabbondante e non calibrata di raggi luminosi da fonti artificiali mal progettate: lampioni, torri faro, insegne pubblicitarie, globi, lanterne...L’effetto principale è la formazione di una cappa luminosa sopra ogni insediamento umano ed industriale, con una conseguente azione di cancellazione della visione del firmameto. Si pensi che la luce prodotta di notte, oggi, da un piccolo paese, eguaglia la luce diffusa da una nazione di media estensione del secolo scorso! Paradossalmente l’uomo sta creando una “notte diurna”.
La situazione migliora leggermente uscendo dalle città, ma anche in piena campagna si nota una campana luminosa che, mescolandosi con l’inquinamento atmosferico, cancella la visuale del cielo.
Si deve tuttavia considerare anche il “fattore riflessione”, ovvero l’incidenza della riflessione della luce inquinante da parte delle nubi, dei fumi industriali (un distretto industriale può incrementare del 60-70% il fenomeno), del pulviscolo atmosferico, delle foschie e delle litometeore fumo e caligine; tutto ciò incrementa esponenzialmente il fenomeno inquinante.
Certamente l’astronomia osservativa, basata sulla completa oscurità della notte, non sarebbe potuta nascere in tali condizioni. Ora, con una notte quasi diurna, si vengono a determinare degli enormi effetti negativi dal punto di vista scientifico: i grandi osservatori astronomici sono posti nelle scarse zone ancora buie appartenenti a paesi non ancora ben sviluppati dal punto di vista economico ed energetico, come Cile, Perù o Isole Canarie. Ciò comporta gravosi bilanci per le università o per gli altri enti di ricerca, i quali devono pagare costosissime gestioni, manutenzioni in trasferta e lunghe missioni per i professori ricercatori. Gli effetti sull’uomo sono di tipo culturale: le costellazioni si vedono solo nei libri di scuola.
La Commissione Nazionale Inquinamento Luminoso (C.N.I.L.) dell’Unione Astrofili Italiani (U. A. I.) sottolinea come l’illuminazione notturna danneggi l’ecosistema circostante modificando ad esempio il ciclo della fotosintesi clorofilliana, che può essere alterato dalle fonti luminose artificiali; tale modifica può portare ad un’alterazione delle immissioni d’ossigeno e d’anidride carbonica nella troposfera da parte della flora della nostra Biosfera, con conseguenze climatiche e, come vedremo più avanti, anche con incidenza sull’effetto serra.
Sono noti esempi sulle migrazioni degli uccelli ingannati dalle luci delle città ed un singolare caso accaduto nella cittadina di Kaktovik nella quale alcuni orsi hanno distrutto diversi lampioni perché disturbavano il loro sonno. La luce prodotta di notte rallenterebbe anche la produzione cerebrale della melatonina, con conseguenze negative sia fisiche sia psicologiche sugli individui.
Sensibili a questo problema, negli anni ottanta, l’International Astronomical Union prende posizione e fonda l’International Dark-Sky Association (I.D.A.). Nel 1998 l’Unione Astrofili Italiani fonda la Commissione Nazionale Inquinamento Luminoso. Dal 2001 ad oggi vengono approvate le leggi regionali in 18 regioni. Ben tre norme tecniche italiane fanno riferimento in modo diretto o indiretto all'inquinamento luminoso (UNI10819, UNI10439, UNI9316).
Il 10 Giugno del 2016 è stato pubblicato su Science Advances il nuovo Atlante Mondiale dell’inquinamento luminoso. La pubblicazione ha coinvolto diversi settori di ricerca che vanno dall’astronomia alla demografia, fino a giungere all’ecologia per coinvolgere i politici sui problemi di efficienza energetica. L’atlante è stato redatto da un team internazionale, ma il maggior contributo è stato apportato dagli italiani Pierantonio Cinzano, Riccardo Furgoni e Fabio Falchi, presidente di CieloBuio.
Luci artificiali inquinanti
La luce artificiale altera il meccanismo della fotosintesi clorofilliana, e quindi anche il rapporto ossigeno-anidride carbonica derivante dal processo naturale; tuttavia, anche se l’osservatorio meteorologico di Mauna Loa (Hawaii, U.S.A.) registra le variazioni dell’anidride carbonica dovute in parte all’assorbimento da parte delle piante, non esistono ancora modelli matematici attendibili per poter valutare la portata di tali alterazioni.
Invece possiamo considerare di quanto diminuirebbe l’emissione di anidride carbonica da processi industriali a fronte di una seria politica contro questo tipo d’inquinamento.
Rendere gli impianti d’illuminazione non inquinanti significherebbe ridurre la combustione per produrre l’energia elettrica fino al 35%, ciò comporterebbe una riduzione dell’85% di carbonio e del 14% d’idrogeno. Tenendo presenti gli equivalenti valori stechiometrici (1 kg di carbonio equivale a 3,66 kg di anidride carbonica e 2,667kg di ossigeno; 1 kg d’idrogeno equivale a 8 kg di ossigeno), possiamo ottenere che circa 1,4 tonnellate di anidride carbonica non vengano emesse nell’atmosfera e circa 1,5 tonnellate di ossigeno non vengano bruciate. Estrapolando tali stime a tutta la popolazione della Terra si avrebbe un abbassamento dell’emissione di anidride carbonica pari a 75 milioni di tonnellate annue!
Robert M. White (direttore dell’U.S. Weather Bureau) afferma che circa il 58% della causa dell’effetto serra è dovuto proprio all’uso e alla produzione di energia. Considerando che l’inquinamento luminoso costituisce circa il 35% della produzione di elettricità, si deduce che tale fenomeno abbia un’incidenza sull’effetto serra parti a circa il 20%.
Tecnicamente l’inquinamento luminoso può essere rilevato con il “rapporto medio d’emissione” (R%) stimato come il rapporto fra il flusso totale emesso verso il cielo (diretto e per riflessione sul suolo e su altre superfici) ed il flusso totale emesso dalla sorgente artificiale: esso varia dal 20% per piccoli paesi al 30% per grandi città. Esistono due metodi per la misurazione di R% (ideati dall’ing. Carlo Rossi, U.A.I.): il “metodo della magnitudine” ed il “metodo del flusso luminoso disperso”. Con il primo il flusso luminoso disperso da una città può essere calcolato in via indiretta, ma si possono verificare errori di stima del 100% dipendenti dalle modalità di suddivisione del territorio campionato; con il secondo, invece, si può calcolare anche il rapporto medio d’emissione, quest’ultimo è più preciso, con errori pari al 10%, perché si basa sulle caratteristiche tecniche delle fonti luminose.
Tecniche per la rilevazione
- Misura della brillanza del cielo notturno in vari punti della sfera celeste
- Misura della luce artificiale dispersa tramite un fotometro
- Misure fotografiche
- Stime visuali
- Misure spettrali
La luce cancella le stelle
Risvolti economici
Spesso, per la quadratura del bilancio, le amministrazioni comunali propongono i soliti aumenti delle imposte locali. Il risparmio energetico/economico ottenuto eliminando le luci superflue porterebbe ad un alleggerimento dei cittadini dai balzelli comunali. Significativo in tal senso è l’esempio di Civitavecchia (Rm) e di Frosinone che hanno approvato un regolamento comunale specifico ed hanno sostituito parte del proprio parco luce. Generalmente i piani d’intervento per ogni comune dovrebbero essere preparati da competenti Uffici Tecnici per l’adozione e l’attuazione pratica, cosa non sempre possibile in quanto alcuni Comuni non hanno a disposizione le risorse finanziarie o comunque necessitano di supporto tecnico, data la specificità e la novità dell’argomento.
Nel 1999 realizzai uno studio sul tema: “Problemi ecologici e sviluppo” dal quale si evincono una serie di vantaggi economici a livello nazionale conseguenti ad un abbattimento dell’inquinamento luminoso. Le conclusioni di quell’analisi sono:
- risparmio di 464.645 tonnellate di combustibile annuo.
- bolletta energetica dell’importazione di combustibili meno cara di 50 milioni di Euro.
- 1.400.000 tonnellate di anidride carbonica non emesse nell’atmosfera.
- 1.500.000 tonnellate di ossigeno non combuste.
- risparmio di 10 milioni di Euro d’imposte per le aziende produttrici di energia elettrica, quind bolletta meno cara per i cittadini.
- risparmio di 200/300 milioni di Euro per le casse dei Comuni e per i cittadini, dovuti all diminuzione di flusso luminoso diretto verso il cielo.
- risparmio ulteriore di qualche decina di milione di Euro dovuto all’uso di lampade co maggiore efficienza luminosa.
- investimenti mirati possono portare i seguenti risultati positivi: uniformità dell’impianto.
- ottimizzazione ed omogeneità delle scorte di magazzino con minori costi di manutenzione e riduzione di costi di costruzione ex novo degli impianti d’illuminazione.
L’aumento della popolazione mondiale, da 2,5 miliardi di persone presenti sul pianeta Terra nel 1950 a 10,8 miliardi nel 2150, secondo una previsione media (prof. Golini, “Population Division of the Department of Economic Affair at the UN Secretariat”, 1998), e l’incremento tecnologico nelle aree sottosviluppate del pianeta sta mutando radicalmente gli scenari delle società e danneggiando in modo irreversibile gli equilibri della biosfera.
Cosa accadrà allo sviluppo del Pianeta quando la popolazione sottosviluppata crescerà e sentirà il nostro stesso bisogno d’energia? Una risposta non c’è, però si possono valutare scenari più o meno realistici. Per evitare futuribili crisi ecologiche o energetiche si devono quindi applicare politiche adeguate in ogni singola nazione; sono importanti anche piccoli accorgimenti individuali per risparmiare energia che, se considerati globalmente, possono portare effetti benefici sull’intera biosfera. Orientare opportunamente una lampadina, può sembrare poco, come il danno arrecato all’ambiente da un singolo individuo, ma il moltiplicare il poco per cinque miliardi diventa una bomba ecologica. Pertanto, non solo la comunità scientifica, bensì tutta la società è chiamata a rivedere il suo rapporto con l’ambiente secondo una nuova forma mentis che promuova comportamenti critici ed attivi verso il proprio habitat. È quindi richiesta una maggiore sensibilità verso le complesse relazioni fra la biosfera e le attività umane, che sia in grado di distinguere le risorse da trasmettere da quelle da consumare, ed in grado di valorizzare le risorse ambientali ereditate per creare nuove dinamiche della produzione, nell’ottica dello sviluppo sostenibile.
Come partecipare alla lotta all’inquinamento luminoso.
Credo che si debba agire su due fronti: il primo operativo ed il secondo culturale.
Sul fronte operativo consiglio di prendere contatto con le Associazioni di Astrofili per informarsi sulla normativa in vigore e per seguire le loro procedure per denunciare gli abusi.
Sul fronte culturale si deve far capire che è un problema sia medico, sia energetico. Inoltre si deve trasmettere la cultura dell’amore del cielo e sfatare alcuni luoghi comuni come:
- Il problema dell’inquinamento luminoso riguarda solo gli astronomi
- Basta uscire dalle città per vedere il firmamento
- Le luci al sodio a bassa pressione siano insufficienti
- La sovrailluminazione previene il crimine
- Combattere l’inquinamento luminoso non vuol dire vivere al buio
- Ai fotografi paesaggisti consiglio di non usare la luce inquinante come elemento artistico nella composizione dell’immagine per non trasmettere l’idea: “più luce” equivale a “più bello”.
Lampione a Globo
inquinante
Lampione Cut Off
non inquinante
La luce di Roma ad 80km di distanza cancella le stelle basse sull'orizzonte